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Le Indicazioni per il curricolo promuovono la scuola a laboratorio di ricerca

di Patrizia Appari

Secondo Martin Lawn docente dell’Università di Edimburgo, Presidente dell’EERA (Associazione Europea per la ricerca in educazione) nonché responsabile scientifico del periodico EERJ (Giornale europeo della ricerca in educazione), la ricerca educativa contemporanea dovrebbe avere come oggetto non più la creazione della conoscenza (creating knowledge) bensì la trasformazione della conoscenza (transforming knowledge).
L’attenzione alla trasformazione della conoscenza implica la riflessione sul cambiamento epistemologico che lo stesso concetto di conoscenza ha subito negli ultimi anni: il passaggio da una conoscenza intesa in senso tassonomico e nomotetico ad una conoscenza d’ispirazione postmoderna caratterizzata da aspetti di carattere socio-costruttivistico e probabilistico.
Compito della ricerca educativa è quello di trasformare la conoscenza non codificata o non gestita  (conoscenza statica) in flussi informativi strutturati in conoscenza esplicita.

Dalla conoscenza statica alla conoscenza esplicita
La conoscenza tacita esiste nella mente degli individui in quanto si costruisce attraverso l’esperienza lavorativa, si sviluppa per mezzo della comprensione dei contesti di azione, viene alimentata da sensazioni, percezioni, intuizioni comprensibili esclusivamente da chi condivide il medesimo contesto.
Il background di conoscenze e competenze che un individuo incrementa nel corso della sua esperienza professionale resta, quasi sempre, suo esclusivo patrimonio mentale senza avere la possibilità di essere formalizzato, verbalizzato, comunicato e condiviso durante o al termine dell’esperienza professionale con colleghi che hanno vissuto esperienze simili e, nello stesso tempo diverse, nel corso della loro realizzazione.
La conoscenza si trasforma anche attraverso il passaggio da un setting ad un altro.
Ogni passaggio di contesto deve, però, prevedere un percorso di decontestualizzazione e di ricontestualizzazione che accompagni il processo di trasformazione della conoscenza.
Nel trasferimento delle buone pratiche da un contesto ad un altro, il soggetto responsabile del passaggio deve avere il dominio su tale processo di trasformazione attraverso la condivisione creativa e consapevole con i soggetti interessati.
Qualsiasi atto di trasferimento della conoscenza deve essere accompagnato da condotte attive e consapevoli di chi fa ricerca in scienze dell’educazione.

Autonomia, ricerca, curricolo
La legge sull'autonomia scolastica ha sancito compiti di ricerca alle scuole e agli insegnanti, nel rispetto degli obiettivi del sistema nazionale di istruzione e degli standard stabiliti a livello nazionale riconoscendo loro "autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo".
Alle scuole o reti di scuole, tra l’altro,  vengono affidati i seguenti compiti:

  • la progettazione formativa e la ricerca valutativa;
  • la ricerca didattica anche sulle diverse valenze delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e sulla loro integrazione nei processi formativi.

Nella Direttiva 68 del 3 agosto 2007 la ricerca didattica torna alla ribalta nella fase sperimentale per le Indicazioni per il curricolo e affida alle scuole i compiti tipici del laboratorio di ricerca in educazione.
Nel rispetto dell’autonomia e della discrezionalità professionale riconosciuta ai docenti in materia di scelte didattiche, viene chiesto alle scuole di individuare tramite i traguardi di competenza gli obiettivi da conseguire, mettendo in atto una molteplicità di percorsi e di strategie metodologiche.
Le Indicazioni per il curricolo che si propongono di agevolare, accompagnare, orientare l’autonomia curricolare delle singole istituzioni scolastiche, implicano il rispetto di tale autonomia e auspicano anche l’espressione della sua efficacia nella riscoperta della centralità del curricolo.

Il fare ricerca, come pratica di soluzione di problemi, condotta con metodologie rigorose e attendibili, come modalità di riflessione sull’esperienza al fine di trarne dei significati valevoli anche per altri o, almeno, passibili di confronto, dovrà diventare il centro di ogni processo formativo.
La ricerca educativa da condurre sul campo dovrà porsi obiettivi che trovino risposte a numerosi interrogativi.
Che cosa vuol dire fare ricerca in educazione?
Che cosa significa assumere la pratica della ricerca nella scuola e generalizzarla ad un intero istituto?
La ricerca, in questa fase di rilancio nelle scuole non può riguardare problemi imposti o compiti assegnati dall'esterno. Non deve diventare una pratica burocratica pena la sua totale inefficacia.

Riorganizzare il curricolo
Le Indicazioni propongono la verticalità del curricolo che si estende in progressione dai 3 ai 14 (16) anni. La scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono accomunate nell’appartenenza al primo ciclo d’istruzione. La premessa al primo ciclo e lo svolgimento delle singole discipline sono presentati con un impianto unitario: i traguardi di competenza e gli obiettivi disciplinari sono indicati in successione per incoraggiare una lettura integrata dello sviluppo curricolare.
Il passaggio dalla conoscenza statica alla conoscenza esplicita, attraverso la rielaborazione di nuove pratiche, scaturisce dalla trasformazione consapevole delle buone pratiche (le quali, anche se “buone”, necessitano sempre e comunque del riadattamento a contesti differenti e mai uguali a quello di origine) che tengano in considerazione la diversità degli individui, dei contesti e le variabili che, di volta in volta, devono trovare la loro inclusione nei nuovi contesti di riferimento.
La pratica della ricerca didattica può essere utile solo se le scuole si doteranno degli strumenti per produrre un miglioramento della qualità del proprio lavoro, di una autentica consapevolezza della possibilità di poter entrare nel merito del rapporto tra mezzi impiegati e obiettivi raggiunti: fare, modificare, progettare, innovare, riflettere, controllare l’esperienza, sperimentare.

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