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Assessment Center nella scuola: perché no?

di Eugenia Tedesco

Nelle aziende è sempre più curata l’attenzione per la gestione delle risorse umane, intesa come esigenza di rivolgersi alla persona che ricopre il ruolo. Ciò accade perché è sempre più chiaro, in ambito aziendale, che essere attenti alla persona consente di accedere a patrimoni energetici che si attivano in presenza di stimoli giusti, tra l’altro diversi da persona a persona.

Nella scuola questa consapevolezza c’è da tempo: gli insegnanti sanno fin troppo bene che la classe è un universo di “soli”, diversi gli uni dagli altri, tutti portatori di un vissuto di esperienze e di un bagaglio di capacità e competenze che rendono ogni alunno unico e “accessibile” attraverso processi diversi.

Nel mondo scolastico però, se è consolidata ormai (almeno a livello teorico) l’attenzione alla persona dell’alunno, la “gestione delle risorse umane”, intesa come attenzione per il capitale umano-professionale rappresentato dai docenti e da tutto il personale della scuola, è ben lontana dal potersi dire realizzata.

Per quanto riguarda, ad esempio, la gestione degli incarichi di responsabilità (Funzioni Strumentali, collaboratori del D.S…) essa, in molte scuole, è ancora affidata, se non al buon senso, a procedure provvisorie legate alla cultura organizzativa consolidata nel singolo Istituto, alla continuità, chiamata in causa ogni volta che si ritiene opportuno salvaguardare lo status quo, al presunto possesso di conoscenze pregresse e così via. Il risultato è che gli incarichi di responsabilità sono ricoperti sempre dalle stesse persone che fanno sempre le stesse cose, con la conseguente mancanza di innovazione e l’inevitabile senso di impotenza ed inadeguatezza da parte dei  (pochi) giovani che accedono all’insegnamento. L’assetto organizzativo così strutturato preclude all’Istituzione Scolastica la possibilità di operare una pianificazione qualitativa affidata a seri processi di selezione, analisi e valutazione del potenziale, nonché all’analisi delle prestazioni con conseguente mappatura delle competenze che consentirebbero interventi mirati di supporto e formazione.

C’è da considerare che nella scuola manca la consapevolezza che negli ambiti relativi all’organizzazione sia necessaria una professionalità specifica e una preparazione disciplinare solida e coerente e che, essere in grado di cogliere le interrelazioni tra le competenze di una persona e le competenze richieste dal ruolo (che, in questo caso, sono ben diverse dalle competenze strettamente legate alla professione di insegnante), renderebbe più agevole sia l’individuazione delle persone cui affidare gli incarichi sia un eventuale intervento in termini di formazione e di esperienza.

È necessario maturare la consapevolezza che un contesto lavorativo caratterizzato da un’organizzazione carente o addirittura inadeguata, incapace di tutelare e valorizzare il capitale umano a disposizione, non favorisce la crescita dell’Istituzione Scolastica in termini di qualità dell’Offerta Formativa, di coerenza dei messaggi educativi, di sviluppo e ricerca didattica, con un danno complessivo di immagine e credibilità che può diventare irreparabile.

Conoscere le risorse umane di una organizzazione consente di utilizzare al meglio tutte le professionalità perché offre una griglia di lettura della realtà, consente di conoscere chi sono i propri collaboratori oltre che di verificare se i loro comportamenti sono in sintonia con le richieste dell’organizzazione. Consente, inoltre, di entrare nella logica di una pianificazione basata su un approccio rigoroso e scientifico.

Anche nella scuola, quindi, come nelle aziende, all’inizio dell’anno scolastico, si potrebbe procedere, attraverso processi diagnostici, ad una mappatura delle competenze attraverso l’analisi e la valutazione del potenziale, per affidare i compiti alle persone che meglio possono rispondere alle esigenze espresse da un determinato ruolo.

Parlare di processo diagnostico significa far riferimento ad una precisa metodologia strutturata in grado di rendere osservabili alcuni campioni di comportamento significativi al fine di verificare l’esistenza di alcuni elementi. Il processo diagnostico utilizza una pluralità di strumenti per poter disporre di dati di provenienza diversificata ma riferiti ad uno stesso elemento, rispetto ad una serie di principi interpretativi precedentemente definiti.

Una particolare metodologia utilizzata per l’analisi e la valutazione della risorsa umana è l’Assessment Center. Scopo dell’Assessment Center è quello di individuare le caratteristiche comportamentali e attitudinali di un individuo per poterle riferire alle caratteristiche ottimali di un ruolo organizzativo. Con la sua applicazione non si vuole determinare il comportamento in sé, quanto piuttosto ciò che un determinato comportamento sottende in termini di caratteristiche personali e potenzialità. L’obiettivo è quello di poter giungere ad una valutazione dell’adeguatezza di una determinata persona a ricoprire un determinato ruolo.

Il concetto chiave è quello di potenziale, inteso come insieme delle caratteristiche che si ipotizza siano a disposizione di un individuo, ma che non hanno la possibilità di emergere in situazioni normali; l’analisi del potenziale tende a creare le occasioni favorevoli e le spinte motivazionali necessarie perché dette caratteristiche, se presenti, possano esprimersi a livello di performances.

La determinazione dei fattori da valutare viene fatta in base all’analisi di ciò che la posizione da ricoprire comporta, non in termini di funzione specifica ma di managerialità intesa come compendio delle caratteristiche che una persona con responsabilità in una organizzazione dovrebbe possedere.

Attraverso l’Assessment Center ci si propone di delineare il quadro di personalità che tenga conto sia del rapporto con gli altri che con l’attività lavorativa.

Le caratteristiche ovviamente sono molte e appartengono sia alla sfera intellettuale che emotiva e, solitamente, vengono raggruppate in aree (Levati-Saraò):

  1. area del rapporto con la variabilità;
  2. area intellettuale;
  3. area manageriale;
  4. area relazionale.

L’area del rapporto con la variabilità esamina i dati relativi ai modi con cui la persona reagisce agli stimoli che provengono dall’esterno, sia comportamentali che conoscitivi, attraverso due item: modalità e motivazione all’apprendimento e adattabilità al cambiamento.

La seconda area, quella intellettuale, analizza l’insieme delle capacità che consentono alla persona di individuare in modo corretto ed efficace i termini di un problema, trovandone la soluzione adeguata e si articola in: soluzione di problemi complessi, di problemi operativi, flessibilità di pensiero, innovatività.

L’area manageriale si riferisce ai comportamenti che caratterizzano l’agire della persona nella realtà lavorativa. Ogni item mette a fuoco un aspetto: rapidità e frequenza di decisione, decisionalità ad alto contenuto di rischio, capacità realizzativa, capacità organizzativa.

Nella quarta area vengono esaminate le modalità relazionali: gestione e sviluppo dei collaboratori, gestioni di situazioni di influenza, capacità di integrazione e gestione del rapporto interfunzionale.

Gli strumenti utilizzati fungono da stimoli selezionati in grado di provocare una reazione comportamentale indicativa di una caratteristica compresa negli item. Una uniformità di tratti verificata attraverso stimoli diversi può confermare che non ci trova dinanzi ad una reazione episodica. Si può prevedere l’adeguatezza del soggetto di fronte a situazioni nuove.

L’assessment center, in Italia, viene utilizzato esclusivamente in ambito aziendale, mentre sono numerose e frequenti all’estero le applicazioni in altri campi come la Pubblica Amministrazione e per l’accesso a specifici corsi universitari.

Una più vasta estensione del metodo potrebbe essere possibile anche da noi se si consolidasse maggiormente nella sua configurazione teorica e pratica. Essendo un metodo di indagine psicologica risulta ben chiaro che deve essere utilizzato da specialisti che possano garantire gli utenti sia dal punto di vista professionale che deontologico.

Nel mondo della scuola, in un momento in cui tanto si parla di un sistema di valutazione degli insegnanti e non solo, un simile metodo, utilizzato in maniera specifica e competente, potrebbe rappresentare la garanzia per un sistema di premialità fondato su effettive capacità e su reali qualità della prestazione.

 

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