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Scenari del nuovo mondo e Indicazioni per il curricolo. Un punto di vista

2001, 2004, 2007…I documenti ufficiali con valore programmatico si succedono rapidamente e offrono agli uomini di scuola testi interessanti per i loro studi

di Gabriele Boselli

Sintesi
Quando gli alunni di oggi saranno grandi, il mondo attuale non ci sarà più. Non si tratta dunque di indicare il presente, ma il futuro, leggendolo nell’intera storia del pensiero umano.

Ogni testo ha almeno due autori: chi scrive e chi legge
Il testo conta, ma anche il punto di vista e lo spirito con cui lo si legge. Lo stato d’animo con cui le nuove Indicazioni saranno avvertite e realizzate concretamente dal mondo della scuola a sua volta dipende dalla cornice culturale in cui sapremo insieme intendere e presentare il testo. Nei macroprocessi comunicativi autore, sorgente e soprattutto contesto fanno insieme contenuto…


Chi scrive
Mauro Ceruti (v. bibliografia) è chi ha per primo portato in Italia il pensiero della complessità, in particolare quello di E.Morin. Ha sempre individuato nella complessità una caratteristica intrinseca del mondo attuale e prossimo-venturo e, in forte collegamento con il pensiero di Piero Bertolini, ha tracciato da almeno vent’anni un disegno filosofico e pedagogico che cerca di corrispondervi.


Difficoltà di scrittura e di lettura
Ma la complessità del Tardo-moderno e l’ipercomplessità di un Post-moderno che ancora fatica ad affermarsi sono soggetti difficili da trattare e risolvere in fattori di orientamento della progettualità culturale e didattica delle scuole. La nostra epoca è il luogo delle dizioni e delle contraddizioni del mondo, delle linearità e delle non-linearità, delle distinzioni e delle contrapposizioni, del pensiero e del non-pensiero (Boselli 2007), dell’inclusione e dell’esclusione.


Domande
Il pensiero “semplicemente complesso” d'inizio millennio esaltato nel concetto originario di competenza appare un pensiero della contingenza e dell'emergenza (Luhman/Schorr, 1985). Quella che serve per affrontare il futuro è a mio avviso un’altra forma di pensiero. I ragazzi delle scuole ordinarie dovranno vedere solo la superficie degli eventi e ciò che immediatamente sta oltre il loro passo? Ciò che è lontano in profondità, in altezza e in ampiezza non esisterà? La progettualità politica e quella pedagogica si prostreranno di fatto a quella economica, con le parole d'ordine della modernizzazione o del rapporto scuola-lavoro? Possiamo rinunciare al pensiero pensante, alla conoscenza, accettare che la contingenza, ovvero il dominio del Mercato su tutto e tutti, l'abbia vinta? Che valore può avere una competenza senza soggetto conoscente? Sempre evitando il fondamentalismo e la cattiva ideologia, accettare senza capire, senza reagire e senza progettare altrimenti (A.Erbetta 2002)? .
Per fortuna la lettera di presentazione del Ministro –scritta dopo la discussione in sede di CNPI- riduce i rischi di risposte ipermoderne a questi interrogativi.


Tentativi di risposta
Seguendo Morin (Morin 87), nel cap IV di Postprogrammazione (Boselli 1991) dedicato all’analisi delle conseguenze pedagogiche dell’ipercomplessità e del passaggio dal concetto di sistema a quello di ipersistema, rilevavo l’opportunità della transizione a una progettualità pedagogica europea (ma di marca”continentale”) che prepari i giovani a pensare il mondo in cui vivranno loro, non quello in cui stiamo vivendo noi. Dunque l’opportunità di strutture e indicazioni che portino non a semplici competenze ma avvii al conoscere. La scuola per corrispondere alla ipercomplessità dovrà veicolare una cultura non monolitica ma plurale, non descrittiva ma interpretativa, non solo universale ma anche regionale, non dominata dalla necessità ma aperta sul possibile, non deterministica ma indeterministica, non epistemica ma epistemologica, non sistemica ma costellazionale. I nuovi saperi della scuola dovranno tener conto che non solo i contenuti e le forme ma anche le stesse categorie classiche della conoscenza umana stanno mutando nell'interazione con il nuovo mondo, con velocità assai maggiore che nel tempo della pura parola o dell’immagine preelettronica. Additare la complessità (iper) vuol dire riavviare la ricomposizione secondo ermeneutica dei saperi classici e l'entrata di quelli "nuovi" e in particolare delle nuove morfologie del sapere che possono servire a intendere le pieghe del mondo di fine millennio, i reticoli multiplanari, i nodi distributivi, le strade senza uscita, gli scarti dell'intenzionalità generale che covano sotto le apparenti regolarità evolutive di un universo divenuto "pluriverso" ipercomplesso. La scuola ha bisogno di inventare (trovare, esser compresa, immaginare) saperi "nuovi" come l'informatica o rinnovati nella loro struttura epistemologica. Di essere una scuola che sappia pervenire a interpretazioni originali del mondo e sappia progettare le forme inevitabilmente irregolari (ma non caotiche o deintenzionalizzate) della didattica che dovranno resistere alle vettrici di piegamento della contemporaneità.


L’Intero e la complessità
Al tempo di Giovanni Gentile e dei suoi memorabili Programmi del 1923 la Teoria della complessità era di là da venire ma nessuno più del filosofo dell’Intero aveva pieno intendimento della complessità infinita delle produzioni della soggettività trascendentale. Io individuo nella Complessità un tratto essenziale (generativo) non tanto del mondo quanto della odierna pensabilità del mondo. Non posso pensare (ri-creare) il mondo senza una struttura complessa (o per meglio dire ipercomplessa) di idee. La scuola e l’università devono educarsi ed educare i giovani a fuggire le semplificazioni e i riduzionismi (la complessità, checchè ne dica Luhmann, è irriducibile) e portare la mente a vedere in grande, oltre il presente ma con attenzione all’attuale (ancora Gentile). Devono far capire che non si può non produrre un universo di idee perennemente in fieri, dirette a relazionare numeri enormi di variabili ad alta instabilità, a collegare gli stati evolutivi di costellazioni fenomeniche e culturali di ennesimo ordine, nel passaggio , questo sì post-gentiliano dall'uni-verso al pluri-verso.
Le correnti d’idee che cambieranno il mondo
Come orientare i docenti e attraverso di loro gli studenti a una intelligenza dell’ipercomplessità? Diffondendo –penso io ma, credo, anche Ceruti- la discussione sugli emergenti vettori filosofici (affermarsi della fenomenologia e dell’ermeneutica), antropologici (le tensioni della pluralità), economici (Mercato unico mondiale), matematici (teoria dei frattali) ecologici (mutazioni del paesaggio e dei climi) e genetici (biotecnologie). Ciò di cui tutti dobbiamo prendere atto è che ormai l'accumulo quantitativo e la pressione qualitativa delle conoscenze e delle ignoranze (i cambiamenti culturali sono indotti anche dai vuoti) hanno ormai prodotto una massa critica e posto le condizioni non solo per sviluppi importanti ma per vere e proprie discontinuità paradigmatiche.


Non farsi sequestrare nella contingenza
Uno dei massimi studiosi delle conseguenze pedagogiche della modernizzazione, Fabrizio Ravaglioli (Ravaglioli 98) ha da tempo rilevato un doppio compito della scuola: quello di assicurare sia una formazione universale alta e dalle fondazioni estese nei secoli, sia quell’addestramento di massa centrato su valori di contingenza che può servire all’economia. Ravaglioli sembra indicare una doppia articolazione del sistema scolastico e dei curricula: la prima, umanistica e scientifica, destinata all’intelligenza della complessità e dell’ipercomplessità (il conoscere), la seconda vocata a far apprendere il mondo in modo performante, tecnico, semplificato, banale, competenziale. Quel che Ravaglioli vedeva affidato a strutture scolastiche differenziate (una per l’educazione di intelligenze complesse e un’altra per l’addestramento di intelligenze semplici) le nuove indicazioni vogliono assegnato alla stessa struttura. Ma, privilegiando le competenze, il rischio –anche se, grazie agli insegnanti, meramente teorico- è che sia soltanto la seconda forma di pensiero ad essere insegnata nelle scuole.


Il compito della scuola
La scuola ospita da sempre saperi di lungo respiro che –incontrandosi con il nuovo- portano a pensare le cose non solo come sono oggi ma come sono state e probabilmente muteranno, indipendentemente dal loro utilizzo immediato e prossimo venturo. I Maestri seguono pertanto in primo luogo indicazioni perenni, che attraversano le epoche, che costituiscono il senso della storia, che preparano il futuro. La scuola è il mondo che è stato, ed è pure il mondo che comincia. Concede al presente solo una parte del suo impegno.

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