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Forme del conoscere: essenzializzazione

di Gabriele Boselli

In sintesi

Essenzializzazione è soprattutto, in pedagogia, lasciar agire la generatività dei nuclei di pensiero: non riduzione, semplificazione della complessità dei saperi e delle operazioni del conoscere, ma individuazione dei nuclei generativo-trasformazionali e creazione delle condizioni del loro espandersi in sintonia con le strutture storicamente costitutive della conoscenza. Non tagli cognitivi, individuazione delle materie “importanti”, ma delle matrici e delle direzioni di senso in cui si generano e si rigenerano i processi della capacità di conoscere per le vie dell’ intuizione, dell’interpretazione, della critica, dell’ideazione.
Gli assi sono in genere linee di riferimento; in campo pedagogico devono costituire le linee di flusso, rassicuranti, flessibili, vibranti con cui una pluralità di discipline indaga armonicamente e con modalità relativamente stabili su un campo di esperienza intellettuale o pratica variamente configurato.
Essenziale è raccontare (svolgere entro l’asse del tempo passato), inventare (aprire anche improbabili finestre sul futuro), argomentare culturalmente e pedagogicamente la fisionomia anche locale degli assi culturali affinché questi non siano solo giustapposizioni insensate di discipline pensate in separatezza.
Le discipline non sono archivi, ammassi di informazioni insensate e indifferenti alle persone; sono tradizioni di ricerca cui richiamarsi e richiamare, depositi di conoscenza da porre in atto. Le discipline del conoscere che hanno luogo nelle aule sono gli ambiti d’ideazione ove il lavoro intellettuale degli insegnanti indirizza il cammino degli alunni, rinvenendo in ogni disciplina ciò che è l’essenziale, dunque a riconoscere radici, storicità e senso al proprio intendere e procedere verso ulteriori stati del conoscere. …

Breve argomentazione

Essenzialità è un’idea cardinale nella teoria della complessità (teoresi comune sia alle Indicazioni Bertagna che a quelle Ceruti-Fiorin) ed è l’alternativa alla mera e riduttiva semplificazione; la complessità non è riducibile senza violenza e alterazione profonda del campo (Luhman, Ravaglioli, Jean) e dei soggetti ivi inseriti, cosa pedagogicamente improponibile. Noi possiamo solo accoglierla, individuarne le linee costitutive e generative, individuarne il fascio reggente, condividere le strutture intenzionali, contribuire alle direzioni di senso che vi si muovono.
A mio avviso essenzializzazione è soprattutto privilegiare la generatività degli atti del conoscere: non riduzione, semplificazione, dimagramento della complessità dei saperi e delle operazioni del conoscere ma individuazione dei nuclei generativo-trasformazionali e creazione delle condizioni del loro espandersi in sintonia con le strutture storicamente costitutive della conoscenza. Non tagli cognitivi, individuazione delle materie “importanti” (i docenti delle altre si offendono) ma delle matrici e delle direzioni di senso in cui si generano e si rigenerano i processi della pura e indifferenziata capacità di conoscere. Pura in quanto non finalizzata a risultati ostensibili e mossa da desideri e volontà autentici; indifferenziata poiché volta a conoscere non tanto frammenti del campo ma l’Intero. Capacità che si attua per le vie dell’ intuizione, dell’interpretazione, della critica, dell’ideazione.
Guardare e insegnare l’essenziale significa sul piano didattico comunicare il piacere della scrittura, il gusto della scrittura, l’eros di quei percorsi formali che ci permettono di guardare i fenomeni fisici e culturali secondo principi e strutture simboliche e di muoverci con agilità verso gli altri e nel mondo. Così gli Interi (le persone) possono trovar interesse a muoversi con intelligenza dell’Intero.

Assi culturali come fulcri dell’essenziale

Vi è dunque necessità che preliminarmente tutti i piani disciplinari, prima che sugli assi culturali, si innestino su una visione generale, complessiva (rispondente alla complessità dell’universo dei fenomeni), appassionante, che introduca alla indifferenziata capacità di conoscere il tutto e ogni cosa. Poi…
Gli assi sono in genere linee di riferimento (es. assi cartesiani, asse terrestre, asse diplomatico….); in campo pedagogico devono costituire le linee di flusso rassicuranti, flessibili, vibranti con cui una pluralità di discipline indaga con modalità relativamente stabili e coordinate su un campo di esperienza intellettuale o pratica (buono quel che la scuola dell’infanzia ha sempre detto sui campi di esperienza: che non preesistono al soggetto conoscente, che non sono standardizzabili e tassonomizzabili senza violenza e senza produrre alienazione….)
L’essenziale negli assi è l’esperibile (il passarci attraverso, l’esserne attraversati); è la scienza conquistata attraverso l’esperienza: esperibilità come condizione della partecipazione degli studenti e come garanzia post-epistemica, controvertibile, epistemologica.
Essenziale non è il tracciare quadri sinottici e acronici; è raccontare (svolgere entro l’asse del tempo), inventare, argomentare culturalmente e pedagogicamente la fisionomia anche locale degli assi culturali affinché questi non siano solo giustapposizioni insensate di discipline pensate in separatezza.
Gli effetti dell’asse pensato e svolto epistemicamente (sapere che sta e sovrasta e va semplicemente a-preso, preso dal libro o dalla lavagna o dal computer) si dissolvono rapidamente perchè lo studente e talvolta anche il docente non riescono a metterci niente di proprio. Il secondo va a scuola per lo stipendio, il primo per il voto. E’ allora scuola di nichilismo.
Contro la costituzione e presentazione epistemica, un asse va inter-rogato nella sua vicenda epistemologica (è sapere che viene da una storia, è in movimento e in discussione), offerto alla discussione e alla rielaborazione, dunque all’appropriazione di docenti e ragazzi .

L’essenziale nelle discipline

Le discipline sono ambiti ideali ove il lavoro intellettuale degli insegnanti indirizza il cammino degli alunni a trovare in ogni disciplina ciò che è l’essenziale, dunque a individuare connessioni di radici, storicità e senso al proprio intendere e procedere verso ulteriori stati del conoscere. Il lavoro/otium (agire della persona cosciente, libero, intrinsecamente motivato, generativo di valore) si svolge attraverso il confronto con la vicenda dell’interrogarsi dell’uomo intorno al mondo e alle linee di significazione del mondo dal punto di vista dell’esistenza quale si è costituita nelle varie discipline in quanto tradizioni di ricerca e depositi attivi di conoscenza.
Nella prospettiva della pedagogia fenomenologica, le discipline non mostrano ma, detto della loro storia e riconosciuti gli interlocutori, raccontano e additano, formano (aiutano a individuare la forma che ci attende); offrono consuetudini di approccio affinché il venire a evidenza dei fenomeni fisici e culturali, nel momento come in tutta la storia del conoscere, lasci tracce attive nella coscienza del soggetto, divenga storia sua.
Sono pratiche dell’ additare l’evidenza che invitano all’apertura, intro-ducono il soggetto a riconoscersi, attraverso gli altri e gli oggetti culturali; portano non tanto alla conoscenza quanto al conoscere, non tanto allo stato oggettivamente verificabile quanto al senso intersoggettivamente condivisibile. E’ ciò in cui vi è amore (“l’amor che move il sole e l’altre stelle” di Dante, ripreso nella Deus Charitas est) che mette in moto nelle direzioni verso cui l’intelligenza del soggetto in sintonia/dissintonia con la comunità che abita è vocata a trascendersi. Sì, detto in estrema sintesi, essenziale è l’amore e il comunicare per esso la passione per il conoscere.

 

 

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