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L'introduzione alle indicazioni per il curricolo cinque anni dopo: insegnare a ripensare il futuro

 

di Patrizia Appari

L’introduzione alla bozza delle nuove indicazioni 2012, pubblicata in data 11 giugno, riporta alla ribalta ed attualizza una serie di questioni di rilievo sulle quali nei prossimi mesi sarà indispensabile riaprire una riflessione alla luce dei cinque anni trascorsi dalla pubblicazione dell’ultimo documeno. Cinque anni densi di eventi sociali e politici, nazionali, internazionali e planetari che hanno prodotto mutamenti impensabili che hanno modificato molti degli aspetti trattati nei documenti precedenti l’odierno. Motivi che ineluttabilmente meritano di essere rivisitati alla luce di tali accadimenti: la necessità  di “saper stare al mondo”, l’avvento di molteplicità di culture e di lingue che rendono opportuna l’affermazione del concetto di intercultura come modello di accettazione reciproca e riconoscimento dell'identità di ciascuno; l’attenzione alla diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che rappresentano una “frontiera decisiva per le scuole”; gli ambiti disciplinari e le rispettive connessioni, recuperati in extremis, che ribadiscono la necessità di “una nuova alleanza tra scienza, storia, discipline umanistiche, arti e tecnologia, in grado di delineare la prospettiva di un nuovo umanesimo”.

Verso gli inizi dell’ultimo decennio del secolo scorso le economie e il modus vivendi degli abitanti del pianeta, cominciarono a trasformarsi sotto l’effetto di due grandi cambiamenti:    

- la globalizzazione sorta dalla nascita di un’interdipendenza crescente fra le economie del mondo e l’emergere di una economia globale;                                                     

- la rivoluzione tecnologica nata con la comparsa di Internet e delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Entrambe promettevano alle nuove generazioni “opportunità, interazioni, tensioni, convivenze globali[1], sono, invece, emersi negli ultimi anni allarmi fondati sui rischi cognitivi causati da flussi informativi, senza ordine sequenziale, che non lasciano distinguere il locale dal globale, che provengono da contesti difformi, spazialmente e temporalmente distanti, che espongono lo studente a “informazioni sempre più numerose ed eterogenee[1], ad “interazioni con culture diverse[1], a confusioni tra reale e possibile che possono condurre a una progressiva disgregazione della percezione della propria collocazione fisica nel mondo reale. E’ necessario soffermarsi su questi scenari e ricercarne l’ambiguità e l’indeterminatezza dei limiti e delle possibilità da essi destinati a ciascuna persona, a ciascuna comunità ed alla società stessa nella sua complessità.

Quali trasformazioni sono necessarie, nella natura dei processi che competono alla scuola e negli obiettivi ad essa preposti che richiedono il cambiamento delle persone, per i bisogni di competenza ma anche di cittadinanza emergenti?

Come può la scuola contribuire ad accrescere la capacità di consapevolezza e di collaborazione su problemi nuovi, in condizione di incertezza, con persone di culture e lingue diverse?

Come sviluppare nelle nuove generazioni, a un sufficiente livello, le competenze, necessarie, per usare l’infrastruttura di comunicazione globale, per colmare il digital divide già esistente?.

Le culture sono il risultato di una creazione continua messa in atto dalla specie umana nello spazio e nel tempo. Ciascuna di esse è originale perché composta dagli stessi elementi che costituiscono il bagaglio biologico e mentale della specie umana, ma anche strutturalmente incompleta nel suo continuo riferimento ad universi di possibilità da esplorare. L’obiettivo da perseguire è costituito dall’offerta di strumenti concettuali capaci di promuovere una metacultura in grado di riflettere su se stessa, capace di modificarsi sul piano diacronico e sincronico, in un costante rapporto dialettico con le culture che le sono prossime nella società. Tale metacultura si realizza attraverso l’elaborazione individuale del sapere, per mezzo della capacità del singolo, il quale, formato in una logica dell’imparare ad imparare, del lifelong learning, dei curricoli contestualizzati, dei percorsi personalizzati, della promozione di pensiero divergente e creativo, si autoproduce attraverso l’uso di questa nuova cultura riflessa e critica.

La diversità è elemento della condizione umana, che si rigenera attraverso la molteplicità dei comportamenti, la varietà dei linguaggi dando luogo a percorsi non tracciati prima, espandendosi verso nuovi modi di vedere e di pensare. La scuola ha il compito di aiutare il bambino, l’adolescente a percepirsi come identità, molteplice e unica, prodotta da multiformi opportunità e stimoli disparati, da apporti provenienti da una società multietnica, dove le culture, le etnie, le civiltà si incontrano e si fondono e diventano il risultato di idee, storie, tradizioni che alimentano altre identità, allo stesso tempo, singole e complesse da percepire e riconoscere come altrettanto originali e diverse. E’ quindi necessario strutturare, poiché continuamente sfidate e messe a repentaglio, solide identità attraverso la padronanza dei molteplici sistemi simbolici indispensabili per l’interpretazione della realtà, dove la competenza viene interpretata come capacità infrapersonale di comunicare non soltanto con se stessi attraverso il pensiero, ma anche come capacità interpersonale di comunicare con gli altri, con la cultura e con il mondo.  Dove l’attenzione ai bisogni formativi è in grado di gestire i conflitti e risolvere i problemi che fanno crescere il sistema, utilizzando a pieno le risorse, facendo esplodere le aspirazioni umane, proiettando il progetto educativo oltre il presente per insegnare a ripensare il futuro come un appuntamento quotidiano che ci impegna nel produrre idee, nel mettere in relazione contenuti mentali molto diversi e lontani tra loro, nel trovare soluzioni con e per logiche nuove.

Nel Fedro platonico, il re egiziano Thamus rivolto a Theuth, inventore della scrittura, afferma: «Tu offri ai discenti l'apparenza, non la verità della sapienza; perché quand'essi, mercé tua, avranno letto tante cose senza nessun insegnamento, si crederanno in possesso di molte cognizioni, pur essendo fondamentalmente rimasti ignoranti e saranno insopportabili agli altri perché avranno non la sapienza, ma la presunzione della sapienza». La diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione rappresenta, ad un tempo, grandi opportunità ma anche rischi di esclusione nelle possibilità di espressione di chi non ha strumenti culturali per l’accesso a tali tecnologie. Il mondo contemporaneo richiede abilità di livello superiore: riflessione, pensiero critico, autoregolazione, collaborazione, gestione di conoscenze complesse, impiego del problem solving, uso delle tecnologie a servizio del proprio pensiero. La scuola, per conservarsi come luogo primario di produzione della cultura deve affinare dispositivi atti ad offrire all’allievo “strumenti di pensiero necessari per apprendere a selezionare le informazioni[1], nel rispetto dei suoi stili di apprendimento, al fine del raggiungimento di traguardi formativi quali: una mente plurale e un’etica solidaristica. La scuola, interagendo con le multiformi identità dei propri allievi, deve essere in grado di concretizzare strumenti pedagogici e didattici che aiutino l'insegnante a far crescere le capacità operative e generative del pensiero,  promuovendo “negli studenti la capacità di elaborare metodi e categorie[1]  per adeguarsi alle trasformazioni della società. La scuola dovrà assumersi il compito di sviluppare nelle nuove generazioni le capacità operative e generative del pensiero: le disposizioni all’analisi e alla sintesi, all’induzione e alla deduzione; le capacità di comprendere e di interpretare le conoscenze, da individuare nelle capacità di scoprire e di produrre conoscenze, di inventarne e di crearne di nuove.

Per costruire una scuola che formi davvero gli individui è necessario:

- coltivare la disponibilità ad apprendere come motivazione intrinseca, come interesse personale per realizzare percorsi formativi rispondenti alle inclinazioni personali nella valorizzazione degli aspetti peculiari della personalità di ognuno;

- porre l’enfasi sul rapporto tra esperienza e ricostruzione culturale affinché le discipline servano per rispondere ai perché, diventando significative e motivanti per gli alunni;

- rendere funzionali gli apprendimenti, attraverso metodi e strategie adeguati allo sviluppo dell’autonomia di pensiero;

- coniugare il curricolo con coerenti decisioni riguardanti la qualità della vita a scuola e la qualità stessa dell’esperienza di apprendimento, prestando particolare attenzione ad aspetti concettuali, metodologici, interdisciplinari.

Da tempo il dibattito scientifico parla di “scienze aperte a comprendere” (E. Morin[1], H. Gardner[2]), dove il significato letterale del termine com-prendere specifica “il prendere insieme”, la ricerca della relazione per comunicare, lo scambio proficuo di conoscenze, competenze, esperienze. Le azioni per la definizione dei curricola, se non si vuole che esse diventino per l’ennesima volta solo un adempimento inutile di carattere formale, non possono avvenire che attraverso la paziente ed intelligente opera di discussione e riflessione degli obiettivi formativi che l’unità scolastica si impegna a realizzare. E’ compito degli uomini del mondo di oggi, dove la tecnologia ha cambiato l’etica, dove la vulnerabilità critica della natura ha modificato la concezione dell’uomo come elemento causale del sistema delle cose, pensare una nuova etica della responsabilità, dove il potere della cultura libera da qualsiasi genere di interesse personale e politico, diventa forza per rappresentare il futuro nel presente (H.Jonas[3]). Se si è d’accordo sull’asserzione che la cultura in questo scenario storico rappresenta una (se non la più importante) via d’uscita per la crisi della società, allora, la scuola,  facendo uso del “potere del saggio” (H.Jonas[4]),  potrà insegnare a ripensare il futuro, per ri-costituire, attraverso un progetto culturale unitario e condiviso, un’identità di scuola che, valorizzando le specificità singolari, diventi riferimento per tutte le sue componenti al fine di formare persone consapevoli ed emancipate dai modelli dei soggetti virtuali, dove le tecnologie della informazione e della comunicazione diventano culture delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione: potenti mezzi cognitivi capaci di aiutare ad affrontare l’incertezza e la mutevolezza degli scenari sociali e professionali presenti e futuri.

 



[1] Morin, La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero, Cortina, Milano, 2000

[2] Gardner, Educare al comprendere. Stereotipi infantili ed apprendimento scolastico, Feltrinelli, Milano, 2001

[3] Jonas, Dalla fede antica all’uomo tecnologico, Il Mulino, Bologna, 1991

[4] Ibidem

 

Bibliografia

Bauman Z., Conversazioni sull’educazione, Erickson, Trento, 2012

Bocchi G., Ceruti M., Educazione e globalizzazione, Cortina, Milano, 2004

Jonas H., Dalla fede antica all’uomo tecnologico, Il Mulino, Bologna, 1991

Morin E., La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del pensiero, Cortina, Milano, 2000

Morin E., I sette saperi necessari all'educazione del futuro , Cortina, 2001

Morin E., Il metodo 6. Etica, Cortina, Milano, 2005

Morin E., La via. Per l'avvenire dell'umanità, "Prefazione di Mauro Ceruti”, Cortina, Milano, 2012.

Sennett R. , Insieme. Rituali, piaceri, politiche della collaborazione, Feltrinelli, Milano, 2012

Centre Edgar Morin: http://www.iiac.cnrs.fr/CentreEdgarMorin/

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