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Sul Rapporto di AutoValutazione (RAV)
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Lineamenti di autodifesa e progetto per docenti liberi e dirigenti non-manager
di Gabriele Boselli
Dopo lunga fecondazione e brevissima gravidanza è finalmente (ma non è la fine, come vedremo) giunta a pubblicazione l’aliena creatura. Ha iniziato a muoversi asimmetricamente, zoppicando assai sul piano epistemologico e didattico, su quattro/cinque gambe, o meglio zampe. Qualche anima ingenua la approva; un maggior numero di docenti e dirigenti la attende sul percorso con rassegnazione, nel sempre procrastinato avvento di tempi migliori. Della serie “passerà anche questa”. Le norme vanno applicate anche laddove valorialmente e scientificamente risibili.
Cinici ispiratori e/o sfruttatori seguono speranzosi il cammino di questo apparentemente innocuo e condivisibile cavallino di troia che non avrebbe alcun senso in sé ma serve invece a preparare lo scatenarsi di veri e propri processi di valutazione sistemica “oggettiva”, ovvero reificante, degli insegnanti e dei dirigenti. Di per sé il RAV non costituirebbe un gran danno anche se non si tratta solo di “autovalutazione” (il meccanismo è di origine extrascolastica e precostituito); il guaio principale è che apre le porte al Sistema Nazionale della Valutazione.
Il RAV è un altro dei sintomi del non-pensiero, del deserto culturale che cresce. Alle anime pensanti e che tali vorrebbero restare al meglio possibile per valutare in modo epistemologicamente avanzato ed eticamente condivisibile dedico questo piccolo studio di ricognizione e autodifesa, prodromico alla progettazione.
- L’attacco all’autonomia pedagogica
- 1 Normativa – Il nome tranquillizzante di “autovalutazione” non inganni troppo: non si tratta di una semplice disposizione ad autovalutarsi. Tutto è preordinato e l’elaborazione e la redazione del Rapporto è voluta da Roma come primo adempimento in vista del Sistema Nazionale di Valutazione cui sono chiamate le scuole (statali e paritarie) e il cui Regolamento, contenuto nel DPR 80/2013, è di durata triennale, come previsto dalla direttiva n. 11 del settembre 2014 e dalla CM 47 dell’ottobre 2014. Il SNV come tristemente noto si compone dell’Invalsi, dell’Indire e –dispiace per i colleghi- del corpo ispettivo. Il procedimento di valutazione delle scuole si articolerà in 4 fasi: autovalutazione, valutazione esterna, azioni di miglioramento, rendicontazione sociale.
Scherzetti e specchietti – A partire dall’anno scolastico corrente, tutte le scuole dovranno adempiere al
l’ ”autovalutazione” mediante la redazione on line di un Rapporto di autovalutazione sulla base di un processo di cosiddetta autoanalisi non libero come quelli da sempre praticati dalle scuole serie ma articolato sui soliti sintagmi economicistici: punti di forza e di criticità, produzione di dati oggettivi, comprovabili e comparabili. Il raffronto con situazioni analoghe (con conseguenti svalorizzazioni e valorizzazioni estrinseche) è uno degli aspetti essenziali del modello.
Lo scopo ufficiale del Sistema di valutazione sarebbe il miglioramento della qualità dell’offerta formativa e degli apprendimenti. Altri specchietti per le allodole sono costituiti dalla riduzione della dispersione scolastica e dell’insuccesso scolastico, l’avvicinamento delle differenze tra scuole di aree geografiche diverse, il rafforzamento delle competenze di base, l’individuazione degli esiti a distanza dopo l’uscita dalla scuola in termini dei possibili percorsi successivi di studio e di lavoro.
1.3 Messa in moto – Le scuole individuano un’unità di autovalutazione, costituita preferibilmente dal dirigente scolastico, dal docente referente della valutazione e da uno o più docenti con adeguata professionalità teoricamente individuati dal Collegio dei docenti, in pratica dal preside, pardon Dirigente scolastico. L’analisi è finalizzata a individuare le priorità per il miglioramento individuate dal MIUR e localmente definite dopo un esame della relazione tra gli esiti di apprendimento e le pratiche didattiche e organizzative entro il contesto sociale e professionale; e qui ci possiamo salvare.
1.4 Meccanismi attuativi
Gruppi – Il meccanismo di funzionamento è complicato. Sono costituiscono gruppi di lavoro: uno nazionale, uno regionale e uno provinciale. Non basta: nei mesi di Febbraio e Marzo in varie regioni si realizzeranno anche incontri con i referenti di ogni istituzione scolastica per addestrare all’uso dello strumento RAV. I Gruppi provinciali organizzeranno poi ulteriori incontri con i referenti delle istituzioni scolastiche, mirati al conseguimento delle ulteriori determinazioni MIUR.
Ruolo dei DS – Compito del dirigente scolastico e ahimè pure degli ispettori (i quali dovranno smettere nell’occasione di essere uomini di scienza) è quello di convincere i docenti sulla giustezza del significato conferito dal MIUR al valutare secondo normativa. Valutazione è affare importante in alto loco perché costituisce la premessa di ciò che si farà; non è tanto trarre bilanci ma soprattutto imbrigliare la progettazione, mettere il morso ai cavalli da tiro. Valutare non dev’essere incontrollabile processo di conoscenza secondo idee di valore, né attività costante di ricerca per comprendere le situazioni e introdurre cambiamenti; né attività volta alla valorizzazione di tutti, ad incrementare le consapevolezze. Nell’ottica del Potere valutare significa controllare, determinare pensieri ed esistenze, sorvegliare e domani premiare/punire (verbi mortificanti entrambi). Ottica condivisa dai fortunatamente rari Dirigenti-manager in quanto aumenterebbe il loro potere.
Invalsi – La regia del SNV è affidata al fido Invalsi, istituto in cerca di una qualche ragione di esistenza e i cui operatori sono controllabili in quanto in buona parte precari con contratto a breve termine e focalizzato solo sul valutare. La scelta dell’INVALSI, il quadro teorico di riferimento del linguisticamente mal scritto ma slidatissimo documento rimandano a una valutazione dove la comparazione in riferimento al voluto riveste una funzione preminente di omologazione; l’assunto è che la restituzione dei risultati possa determinare azioni correttive delle eventuali singolarità. L’insieme dei processi di autovalutazione, in particolare, associata a riferimenti esterni, dovrebbe rappresentare un costante rimando di informazioni a Roma sul funzionamento dell’istituzione scolastica e della sua regolazione. Dovrebbe modificare il concetto di “buona scuola” secondo la letteratura delle “scuole efficaci”: di qui la pseudo-autovalutazione, la partecipazione e il coivolgimento di soggetti a denominazione di origine controllata. Le classiche domande come il senso del valutare, cosa valutare, identità dei soggetti coinvolti perderebbero la loro pregnanza.
1.5 Lustrini – Non mancano nei documenti ministeriali magliette con lustrini a coprire la pellaccia della Creatura. Nella parte inerente il Quadro di riferimento teorico elaborato dall’Invalsi si legge che i criteri per l’autovalutazione sarebbero: equità, partecipazione, qualità; vi è per la verità anche una parola di involontaria autodenuncia: differenziazione. Tra i lustrini anche il dichiarato sforzo di garantire a ogni studente i livelli essenziali di competenza, di assicurare le condizioni per fruire degli interventi della scuola, di offrire attività volte alla riuscita scolastica, di curvare i percorsi a seconda delle caratteristiche di ciascun alunno. Come ci si possa arrivare attraverso strade omologanti è un mistero.
- La difesa
2.1 Contesto e risorse – La prima zampa della creatura, “contesto e risorse” è quella più favorevole alle scuole e utilizzabile nella difesa. Consente infatti di fare riferimento al contesto operativo esterno (citare crisi economica, depressione valoriale) ed interno ovvero handicap, DSA e BES che andranno segnalati in maggior numero denunciando non più di 2-3 ragazzi normali per classe. Utile poi segnalare la sempre enfatizzabile modestia di risorse per attribuirvi anche i limiti del proprio agire senza doversi troppo produrre in autofustigazioni e processi autodemolitori, breccia per cui poi si riverserà la successiva eterovalutazione dichiarata.
Bisognerà però avere l’accortezza di citare di sfuggita, senza metterli in evidenza, i fattori ambientali positivi presenti nel territorio in modo che i loro effetti siano attribuiti all’efficacia del nostro agire. Le colpe vanno date agli altri, i meriti a noi. Non è onesto ma quando è necessario per preservare un fine più alto come quello dell’autonomia intellettuale, morale e pedagogica……
2.2 Esiti – Gli Esiti degli studenti rappresentano la seconda sezione. E’ costituita dai Risultati scolastici (promozioni…) ma soprattutto dai Risultati nelle prove standardizzate, di cui si può pensare tutto il male epistemologicamente possibile. Ci si potrà difendere meglio sulle “competenze chiave e di cittadinanza” più difficilmente definibili e sui Risultati a distanza (chi vivrà vedrà).
2.3 Processi – La terza sezione è relativa ai processi messi in atto dalla scuola. Su “Curricolo, progettazione, valutazione” il progetto difensivo può essere agevole se si evita di seguire il percorso suggerito e si fa riferimento alle tradizioni locali in materia • L’Ambiente di apprendimento (fisico, virtuale, relazionale) può rappresentare occasione di divagazioni neutralizzanti.
Molto importante il modo in cui sarà gestito il punto successivo “Inclusione e differenziazione”. La direttiva del 27 dicembre 2012, la successiva CM n.8 del marzo 2013 e la nota del giugno 2013 cercano di rafforzare quella che costituisce una questione rilevante: come gestire le diversità e le differenze nelle classi. Sono i docenti, d’intesa con la famiglia, i soggetti da sempre intenti a valutare queste situazioni. Vanno certamente promossi, RAV o nonRAV, circuiti di riflessione, coordinamento, formazione ricerca, ascolto, proposta, conoscenza per capire i diversi stili di apprendimento e corrispondervi.
Ai fini eterovalutativi non si dovrebbe nemmeno perdere troppo tempo: si può fare pressoché copia e incolla con il piano annuale per l’inclusività, base degli interventi didattici in questa direzione. Il Piano annuale per l’inclusività è parte del POF; raccoglie in un quadro di significati le attività progettuali; riguarda gli impegni per quegli alunni che richiedono percorsi diversi da quelli comuni L’approccio non-manageriale ma pedagogico è quello più sostenibile anche nel RAV perché incentrato sulle potenzialità, senza ignorare le difficoltà; non enfatizza i sintomi o i disturbi, ma il modo di apprendere di ciascuno e di accompagnarne la crescita.
2.4 Continuità e orientamento – La maggior parte delle scuole penso non debba preoccuparsi troppo anche di questa richiesta. Vi si presta attenzione da sempre; da sempre e spesso molto bene, anche se le norme non aiutano e privilegiano più i diritti di graduatoria dei docenti che quelli dell’alunno. Norme, gravidanze, GAE permettendo, nelle scuole buone per davvero la continuità è soprattutto ricercata attraverso i nessi disciplinari, nella costante ricerca delle strutture di connessione, generative di pensiero ulteriore. Anche qui, per far contenti i gruppi di potere che da trent’anni comandano al MIUR, un bel copia e incolla può bastare. Poi si ricomincia a lavorare seriamente.
2.5 Autovalutazione in atto – La quarta sezione invita a riflettere sul processo di autovalutazione in corso e sulla possibile integrazione delle disposizioni romane con pratiche autovalutative già in uso nella scuola.
Le buone scuole, che non hanno aspettato Renzi e il Faraone per muoversi, hanno da sempre una tradizione autovalutativa. Basterà continuare sostanzialmente su quella scia.
2.6 Miglioramento e rendicontazione sociale- Si ordina alle scuole di individuare le priorità su cui si intende agire al fine di migliorare gli esiti, in vista della predisposizione di un “piano di miglioramento” e la conseguente “rendicontazione sociale”. Nel primo caso si tratta di agitarsi freneticamente quanto insensatamente, di “fare ammuina”, certo sottraendo attenzione a ciò che vale (la cultura e le persone) per inseguire ciò che conta, ovvero la bella figura. Pazienza se molti insegnanti non studieranno più e alcuni dirigenti-non-dirigenti (ovvero dirigenti-manager) si preoccuperanno solo della sicurezza. Nel secondo caso si tratta di allestire strategie reputazionali efficaci.
Sempre buone per entrambe le disposizioni le vecchie pratiche della “qualità totale” di lombardiana memoria (oggi in versione “Scuole efficaci”) e tutto ciò che può fare scena: convention di presentazione con tanto di slides e musichette, ritratti del preside-manager con dentatura e tratti del volto rifatti che sorridono dalle pareti, video esaltanti i successi della scuola, sfilate nordcoreane di studenti sincronizzati.
- Conclusioni
- Si chiama autovalutazione ma non lo è in quanto articolata secondo precisi sintagmi.
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Nell’Apologia vergata da Platone in memoria di Socrate è scritto che le disposizioni delle leggi vanno eseguite anche quando dovessero comportare la morte del Giusto. Figurarsi quelle del RAV e anche quelle successive del SNV che faranno anche ridere ma non ammazzano nessuno; vi daremo dunque esecuzione, anche perché il non farlo esporrebbe alla cicuta no ma a fastidi sì.
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La difesa, mai contra legem e attenta anche nella conformità alla normativa secondaria, non deve consistere solo nell’aggiramento o nella fuga ma dev’essere attiva: criticare i fondamenti politici, etici e pedagogici ovvero analizzare, decostruire nei collegi dei docenti e nei gruppi di lavoro (sono ancora luoghi di discussione o vi si ricevono solo disposizioni?) il dettato per coglierne gli elementi costitutivi e raffrontarli con principi autonomamente individuati (1). Pensare, criticare: per costruire localmente un contesto autovalutativo autonomo.
(1) G. Boselli Per una valutazione delle scuole e di chi vi lavora, n. 30, annata 2011 di Encyclopaideia (Bononia University Press, Bologna)